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È IL FREDDO IL MIGLIOR CONSERVANTE


Intervista a Leonardo Bianco, Patron dei Surgelati Soavegel

Nel 1936 Domenico Bianco fondò la prima fabbrica di pasta a Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi.
Da subito una produzione di tipo industriale: circa 300 chili di pasta al giorno.
All’epoca si chiamava Aurora, poi cambiò in pastificio Bianco e, infine, dal 1965 ai giorni nostri è Soave, nome di una ditta che aveva sede a Roma e che la famiglia Bianco rilevò.

Soave e Soavegel: la storia di questo marchio affonda le sue radici nella straordinaria capacità dei Bianco di vendere i prodotti della loro terra.
“Conservo ancora una lettera di mio padre con l’intestazione Domenico Bianco prodotti del suolo” racconta Leonardo Bianco, patron di Soavegel, ditta di surgelati da lui fondata nel 1975 e che il premio Barocco (svoltosi lo scorso 6 giugno a Gallipoli) ha voluto nella rosa dei migliori imprenditori pugliesi del 2011.
“Negli anni ’30 mio nonno e mio padre compravano il grano a Noci dove c’era il culto della farina e della pasta e lo rivendevano nel Salento, a Galatone e Nardò, dove, come materia prima, veniva utilizzato l’orzo. Durante i vari viaggi gli venne in mente di aprire un pastificio, il primo nella città di Francavilla Fontana”.

Nel 1975 una coraggiosa e rivoluzionaria scelta: puntare sui surgelati.
Un’offerta gastronomica che di anno in anno si è allargata con specialità ispirate alla cucina mediterranea.
Uno strategico cambio di rotta dettato dei cambiamenti della società sempre più propensa al pasto veloce?
Quando nel 1975 assunsi le redini di questa azienda decisi di fermare l’industria e mi occupai della vendita e di piazzare determinati prodotti. Contemporaneamente iniziai a fare prima i gelati, poi i surgelati. Abbiamo fatto notevoli investimenti e un grosso exploit è avvenuto proprio con questi ultimi alimenti.
Ho pensato ai surgelati perché mi accorgevo che la gente aveva dei timori nei confronti dei conservanti. Allora ci siamo chiesti quale potesse essere il miglior conservante se non il freddo. Senza togliere, né aggiungere qualcosa, dovevamo dare alla gente il prodotto così com’era .
Iniziai facendo delle prove con la pasta fatta in casa: mettendole in una busta chiusa e congelandole.
Dopo due settimane la scongelai e man mano che riprendeva forma risentivo quei profumi di farina e di pasta appena fatta. Mi dissi: è questa la strada e ci siamo buttati”.

Un’attività quella dei Bianco che non passò inosservata neppure alla famiglia Rana, leader in Europa nel mercato della pasta fresca. Il re del tortellino volle personalmente visitare lo stabilimento nel piccolo comune brindisino.
“Nel 2004 - racconta Bianco - decisi di ricominciare a fare la pasta fresca. L’anno dopo ci contattò Giovanni Rana. Era impressionato di quanto riuscissimo a produrre con pochi mezzi a disposizione. Volentieri accogliemmo la sua proposta di venirci a conoscere, orgogliosi dell’attenzione riservataci”,

Da allora è stato un crescendo.
“Il marchio Soavegel, è presente in moltissimi supermercati.
Abbiamo un’ottima collaborazione con la ristorazione sopratutto con i ristoranti e le paninerie che servono piatti veloci e produciamo prodotti privi di glutine per la più grande azienda europea di alimenti per celiaci: la Dr Shär.

Che ruolo gioca la comunicazione del prodotto nella sua impresa?
Siamo sempre stati attenti al marchio, tant’è che Soavegel è rimasto sempre lo stesso anche se nel frattempo abbiamo realizzato tanti altri lavori a livello internazionale. Dal formaggio allo zucchero, tutto quello che vendevamo lo facevamo con marchio Soave.
Anche quando vendevamo latte in grandissime quantità era sempre riconducibile a noi con il nome Soavelat. Sfruttando questo filone non ci siamo mai fermati”.

Adesso i riflettori sono puntati sulla sua azienda: il Premio Barocco che celebra le eccellenze pugliesi lo ha premiato per la sua imprenditorialità. Cosa rappresenta per lei La Galatea Salentina?
“Mi inorgoglisce e mi emoziona molto perché non ho fatto tutto questo pensando ad un riconoscimento di questo genere, anche se, devo dire, mi appaga di tutti i sacrifici fatti e che insieme a me continuano a fare i mie tre figli che oggi amministrano le aziende: Domenico, Nicola e Massimo. Lo condivido con tutti coloro che hanno collaborato con me e lo dedico a mio padre e a mia madre”.

Quali doti deve avere un buon imprenditore?
Deve amare il suo lavoro più di ogni altra cosa, ad eccezione dei figli.
Prima i figli, poi l’azienda. Un bravo imprenditore deve comprendere che l’azienda è la sua vita. Si sottrae molto tempo al resto e anche quando si riposa la mente di un imprenditore non è mai ferma perché sta ragionando. Sul mio comodino c’è sempre carta e penna perché se mi viene in mente la soluzione ad un problema la devo appuntare. E poi occorre comprendere che senza la manodopera non si va da nessuna parte. Bisogna formarla, rispettarla e dar loro tutto quello che è giusto che abbia, stando molto attenti alla salute di tutta la manovalanza”.

Sara Macchitella - redazione@italiaristoranti.info

7 Giugno 2011


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