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OLIO & T’AMO


Come apprezzare l'olio d'oliva?

Non lo nascondiamo: mangiamo prima con gli occhi, poi con la bocca.
Un piatto ben presentato e succulento fa venire di per sé l’acquolina ancor prima di avvicinarci al suo sapore.
Un assaggiatore d’olio, invece, ti dirà di chiudere gli occhi e di lasciarti andare ad altre percezioni sensoriali quali il gusto e l’olfatto.

“Siamo così bersagliati da immagini commerciali che abbiamo sviluppato molto poco l’olfatto. Al di là di quelli visivi, riceviamo raramente stimoli nei confronti degli altri sensi. Eppure l’olio non è un prodotto che si acquista con gli occhi. Non per niente il migliore olio d’oliva è quello che punta a farsi vedere poco, nascosto in bottiglie scure per proteggersi dalla luce e arginare il rischio di alterazioni”, così un’assaggiatrice di olio da olive, la dottoressa Caterina Gioia, biologa pugliese che utilizza lo strumento dell’analisi sensoriale per assaggiare e descrivere l’olio nonchè cura personalmente a Lecce dei corsi in cui insegna il giusto approccio a questo nettare della natura.

Qual è il modo migliore per apprezzare l’olio d’oliva?
“Esiste una procedura indicata dal COI, il Consiglio Oleicolo Internazionale - spiega la dottoressa Gioia - si parte con un’analisi olfattiva, si procede con quella gustativa e si conclude con quella retroattiva. Abbiamo un canale di comunicazione tra il naso e il cavo orale e quando mangiamo le molecole volatili presenti nell’alimento risalgono e reagiscono con i recettori olfattivi. A questo punto possiamo farci una idea”.

Un olio verde scuro dovrebbe dar vita ad un gusto erbaceo e deciso. Ma non sempre è così. Un colore giallo pallido può avere un gusto delicato e dolce, ma anche estremamente deciso e forte.
Alcuni ritengono che il colore dell’olio possa indicarne il tipo.
E’ vero oppure è un metodo incerto?
“I consumatori finali sono purtroppo ancorati all’immagine dell’olio presentato nella sua limpidezza. Invece è bene sapere che il colore conta ben poco. Difatti nella procedura del COI non sono valutati gli elementi visivi”.

Dunque: l’odore in primis, a seguire il gusto e infine la correlazione tra i due fattori conducono alla percezione sensoriale.
Ma quand’è che si può parlare di un profilo sensoriale dell’olio di oliva?

“L’idoneità fisiologica all’assaggio dell’olio d’oliva è una tappa che necessita allenamento. Nessuno può da solo fare un’analisi oggettiva sensoriale dell’olio. Lo si può fare se si è almeno in otto o dodici persone anche perché ognuno in base alla propria costituzione, alle proprie abitudini alimentari e ad altri fattori dà un suo giudizio, ma una valutazione oggettiva, così come il COI richiede, può pervenire da più persone tra loro diverse”.

Secondo alcuni scrittori di olio, si può spiegare l’olio associandolo al sapore di altri cibi, senza che ovviamente lo stesso sia identico. Un olio può ricordare il limone, la mela, l’avocado, la pera, la mandorla. Oppure ricordare il profumo dell’erba, del fieno
Alcuni assaggiatori si sono cimentati in definizioni come sapore di cioccolato e di salume. Si spingono un po’ troppo?
Qual'è il modo più esatto per descriverli? 

“Esiste un vocabolario sensoriale predisposto sempre dal COI in cui sono elencate le terminologie per assaggiatori qualificati; ad esempio un olio può ricordare il sapore dell’erba, dei lamponi o dei frutti di bosco”.

Contrariamente al vino, le etichette degli olii non sono ricche di informazioni. Non lo sono, almeno, fino ad ora. In futuro molto probabilmente l’attenzione crescente verso questo prodotto porterà a non essere più la Cenerentola dell’agricoltura e ad avere un ruolo più da Regina.
Resta comunque un fatto: il consumatore finale è bene che sappia che più un produttore vende una bottiglia trasparente, più mostra un suo stretto legame al marketing del prodotto piuttosto che alla sua qualità intrinseca.


20 Maggio 2011

Intervista a cura di Sara Macchitella - redazione@italiaristoranti.info



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